Descrizione
Un invito a cambiare il linguaggio della fede, a cercare nuove parole per dire Dio
Che cosa pensiamo (a chi pensiamo) quando diciamo “Dio”? Può, il cristiano, farsi un’idea di Dio? Se l’uomo è stato creato “a immagine e somiglianza di Dio” chi lo autorizza a pensare a un Dio fatto, al contrario, a immagine e somiglianza dell’uomo?
E ancora: quale segreto nasconde l’etimologia della parola Dio che usiamo con troppa disinvolta leggerezza? Non è forse giunto il tempo, per un cristianesimo adulto, di emanciparsi da ogni immagine infantile della divinità e di cominciare a riflettere sul fatto che anche questa parola è solo una metafora per dire qualcosa per cui non abbiamo parole migliori?
Un grande, appassionante lavoro di bonifica del linguaggio sul divino è quello che l’autore propone con questo libro non solo al credente, ma anche all’ateo, allo scettico, all’agnostico del XXI secolo per uscire da ogni idolatria e per scampare al pericolo di una liquidazione troppo sbrigativa del Mistero.
È la strada che può condurci – per così dire – a uno svuotamento dell’immagine divina, per metterci al cospetto del grande Silenzio, del Vuoto, dello Spirito come Respiro del divino che soffia dove vuole e che l’uomo (tanto più il credente) non può in alcun modo né dire né rappresentare.
Ci resta, come unica cifra del Divino, la sua Ineffabilità, la sua Irrapresentabilità, perché solo rinunciando a ogni immagine del divino è possibile prendere davvero sul serio l’Incarnazione, la Croce, la Resurrezione, cioè l’umanità concreta, carnale, reale di Gesù di Nazareth e “il divino” che si manifesta in lui nella debolezza, nel silenzio, nell’Assenza.