Descrizione
Questo è il romanzo che è stato scritto prima della catastrofe del Vajont. Il testimone è il suo scrittore che racconta e profetizza prima di quel 9 ottobre 1963, giorno in cui persero la vita oltre duemila morti fra Longarone e dintorni. Il romanzo vede la luce solo oggi, a quasi 50 anni da un disastro rimasto impresso a caratteri cubitali nella Storia del Paese per cause legate all’incuria delle istituzioni, alla cattiva gestione della cosa pubblica, allo sfruttamento più inconsulto dell’Ambiente e delle sue risorse.
Il testimone è il giornalista Armando Gervasoni: è nato a Vicenza nel 1933 e fino ai primi mesi del 1963 lavora alla redazione di Belluno del Gazzettino. Un ruolo professionale che gli consente di seguire “in diretta” la costruzione della grande diga commissionata dalla società elettrica Sade, esprimendo nelle pagine di questo suo romanzo le inquietudini, le paure, i dubbi e i sospetti generati dalla costruzione di un’opera di colossali proporzioni.
Quando avviene il disastro, Gervasoni è già stato trasferito alla redazione di Rovigo, ma si reca come inviato del Gazzettino a Longarone e negli altri pae-sini veneti colpiti da quello spaventoso Tsunami in miniatura. Gli tocca così l’ingrato e doloroso compito di raccontare a posteriori una vicenda che aveva già avuto modo di “avvertire” e in qualche modo “vedere”, trasformando in narrazione letteraria le tensioni e i conflitti di un territorio profondamente segnato dal progetto prima, e dall’edificazione poi, di quell’immensa diga.
Il romanzo dovrà attendere per essere pubblicato. Perché nel 1968, a soli 35 anni di età, Armando Gervasoni, che intanto aveva iniziato a scrivere per il settimanale Panorama, trova la morte in un incidente stradale.
Oggi, grazie all’interessamento degli eredi di Armando Gervasoni, che hanno coinvolto nella loro iniziativa lo scrittore Stefano Ferrio come curatore del libro, «I corvi di Erto e Casso» giunge finalmente al suo meritato esito, riservando al lettore le sorprese di un linguaggio diretto e incandescente, di un’emozionante ricostruzione d’epoca, di una galleria di personaggi scavati con la precisione fotografica del reporter. Nonostante sia trascorso mezzo secolo dai fatti cui si riferisce, non è certo tardi per scoprirlo e apprezzarlo come grande, vivido, dolente racconto corale di un capitolo così tristemente esemplare della storia del nostro Paese.
Un romanzo di denuncia civile si potrebbe definire questo di Armando Gervasoni, (…) ma anche uno scritto pieno di poesia e di emozioni, che mette voglia di gridare contro la miseria degli uomini e l’iniquità di altri uomini. Un normalissimo romanzo vero. Dalla Prefazione di Isabella Bossi Fedrigotti
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