Valentino Salvoldi, Non un Sinodo di carta, ma di carne | Gabrielli editori | Verona

Chiesa dove sei? – nuova edizione

 In In uscita

Riflessioni a seguito della pubblicazione del libro di

Valentino Salvoldi -Vittorio Rocca, “Chiesa, dove sei? Una comunità dal volto sinodale”, Prefazione del cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo,  Gabrielli editori

di Valentino Salvoldi, missionario e teologo

“C’è più futuro che passato”

Il Sinodo dei vescovi che si celebrerà a Roma, per incrementare il  cammino sinodale iniziato nelle varie diocesi, non ha lo scopo di organizzare riunioni per produrre documenti. Non abbiamo bisogno di carte, ma di carne, di persone che si rendano conto che la Chiesa siamo tutti noi, battezzati. Questo è l’ideale proclamato dal Concilio Vaticano II ed è il sogno di papa Francesco.

Abbiamo bisogno di un cammino che ci ridoni la speranza che animava papa Giovanni XXIII quando inaugurò il Concilio. Egli, prendendo le distanze dai “profeti di sventura” e dando fiducia a tutta la Chiesa, decise di ascoltare i suggerimenti dei vescovi di tutto il mondo. Parlò di sentinelle che annuncino il nuovo giorno, l’arrivo della  luce che dissolve le tenebre della notte: “È soltanto l’aurora”, disse l’anziano Papa. Abbiamo bisogno di credere che “c’è più futuro che passato”, e in vista del futuro dobbiamo orientare saggiamente le nostre scelte, senza sbarazzarci del passato e senza farne un idolo, ma cogliendone gli aspetti positivi e attualizzandoli, andando oltre, in base ai segni dei tempi. Siamo chiamati a vivere intensamente e con gioia il presente, dotati del coraggio che faceva dire al cardinale Newman: “Vivere è cambiare e si arriva alla perfezione cambiando continuamente”.

E i cambiamenti, nella storia, non vengono mai dall’alto. All’inizio del 1200 non fu papa Innocenzo III a cambiare la Chiesa, ma il laico San Francesco d’Assisi. La Chiesa ufficiale interviene a convalidare le scelte che si sono dimostrate giuste, sperimentate da cristiani che si prendono le loro responsabilità, spalancando le finestre degli ambienti parrocchiali, delle sagrestie e degli oratori affinché circoli aria fresca e pulita.

Importanza della fase preparatoria

Partendo dall’intuizione che la Chiesa è formata da “pietre vive”, dalla carne e non dalla carta, si devono valorizzare al massimo quei cristiani che sono disposti a “sentirsi Chiesa”. Essi, però, devono essere messi nella condizioni di capire l’importanza di vivere in modo proficuo il momento della preparazione del Sinodo, più che la celebrazione del medesimo. Ciò richiede di conoscere in che cosa consista il cammino sinodale, e quale sia il metodo più adatto per incamminarsi verso forme di partecipazione alla vita della parrocchia, a cominciare, ad esempio, dal consiglio pastorale. Questo deve essere composto da persone scelte, più che attraverso una votazione segreta, attraverso una coscientizzazione collettiva. Vale a dire, un fedele che dica all’altro: “Perché non ti fai avanti per mettere a disposizione della comunità i talenti che hai ricevuto dal Signore?”.

Ciò implica preghiera, ascolto, discernimento, capacità di dare fiducia agli altri, senza presumere di avere il monopolio della verità. Citando di nuovo papa Giovanni, fondamentale è quanto disse nel discorso improvvisato la sera dell’apertura del Concilio “La mia persona non conta niente…”.  Conta compiere la volontà del Padre, sentirsi fratelli e impegnarsi per il bene comune.

“Anticipi di fiducia”: incoraggiamento reciproco

La sinodalità implica la ferma coscienza che gli altri ti aiutano a scoprire la tua chiamata e ti incoraggiano a scendere in campo, a gareggiare nello stimarsi a vicenda, a rivolgere a tutti uno sguardo d’amore e di fiducia.

La sinodalità è uno stimolo a spogliarci, prendere la propria e l’altrui croce, tacere a lungo di fronte al Crocifisso prima di parlare, essere umili e accettare le eventuali umiliazioni come grazia, come beneficio per uccidere l’orgoglio che non ci consente di scoprire l’altro e noi stessi come “bisogno d’amare e di essere amati”.

La Chiesa ha tre compiti specifici: insegnare, santificare e governare. Nessuno può illudersi di essere preparato in tutti e tre questi campi. Per questo la Lumen Gentium e la Gaudium et Spes, già oltre sessant’anni fa, parlavano dell’impegno che i laici – in base ai diversi doni-carismi ricevuti da Dio – devono prendersi nella Chiesa: essere profeti, sacerdoti, re e missionari.

Purtroppo  il meglio del Concilio non è ancora attualizzato. Molti sostengono che la causa della presente situazione di crisi del popolo di Dio – che sperimenta un senso di non appartenenza e vive  “liturgie tristi”(spesso anche “passioni tristi”) – sta nel fatto che troppi sacerdoti considerano la parrocchia come loro feudo, decidono da soli, entrano in una comunità con la presunzione di renderla migliore rivoluzionando tutto con le loro forze. Agiscono – dice papa Francesco – in modo “rigido e autoreferenziale”. Non si rendono conto che non c’è più posto per i preti “fac totum” in una Chiesa dal volto sinodale. Preti ingessati che  guardano prevalentemente al passato. Adoratori delle ceneri, anziché essere desiderosi di dissetarsi alla “fontana del villaggio – altra espressione di Giovanni XXIII – dalla quale sgorga un’acqua sempre nuova.

Priorità: investire sulla formazione del “piccolo resto”

La sinodalità richiederebbe di fissare delle priorità, ad esempio la formazione dei giovani, investendo soldi e tempo per favorire valide esperienze di fede. Se ogni parrocchia potesse avviare alla formazione, ogni anno, un paio di persone, in una decina di anni potrebbe disporre di una bella équipe, oltre ai tanti fedeli già capaci e preparati. Ciò esige la disponibilità a lavorare su tempi lunghi, accettando di rievangelizzare il proprio ambiente con intelligenza e amore in modo graduale, preferendo compiere lentamente piccoli passi, in un cammino condiviso, piuttosto che realizzare tante e grandi cose da soli. I giovani – soprattutto se apprezzati e incoraggiati – possono portare nella Chiesa una ventata di entusiasmo, di freschezza, di gioia evangelica, che renderebbero più credibile e attraente l’annuncio della Buona Novella.

Riguardo a quanti sono preoccupati dell’attuale situazione della Chiesa, attribuendo la crisi attuale alla diminuzione del clero, si può far notare che lo Spirito Santo è sempre all’opera in essa, per cui la diminuzione delle vocazioni sacerdotali può essere letta come crisi di purificazione. A parte il fatto che in altre parti della terra i seminari sono fin troppo colmi, da noi la diminuzione dei preti può essere considerata come un bene: permette infatti di creare spazi di respiro e di movimento che altrimenti non esisterebbero, a causa del nostro orgoglio di voler arrivare dappertutto, di “avere in mano” la parrocchia, di sentirci indispensabili.

Certamente si deve continuare a pregare per le vocazioni sacerdotali, ma domandando la grazia che i consacrati a Dio, più che tanti, siano santi. Ciò vale anche per tutti i battezzati: si rendano conto di essere una minoranza creativa, chiamata a rievangelizzare questa vecchia Europa. Minoranza creativa: “piccolo resto” di fedeli  illuminati e rafforzati dallo Spirito Santo – Amore.

Valentino Salvoldi

www.salvoldi.org

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