La recensione di Vito Mancuso a Il cosmo come rivelazione

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Il Natale 2018 ha portato la recensione del teologo Vito Mancuso al libro Il cosmo come rivelazione. Una nuova storia sacra per l’umanità (Gabrielli editori 2018) all’interno di un più ampio articolo pubblicato da “Il Foglio” il 27 dicembre 2018.

Ringraziando il professor Mancuso per l’attenzione dedicata al nostro libro, riportiamo l’estratto della recensione rimandando alla lettura dell’articolo completo sul sito del quotidiano “Il Foglio”.

«Oggi giustamente in occidente si tiene in grande considerazione la scienza, sia le scienze fisiche e biologiche che amano definirsi scienze esatte, sia le scienze umane che, avendo a che fare con quegli esseri caotici e imprevedibili che sono gli umani, non possono per statuto risultare esatte. I dati che l’impresa scientifica ci consegna sono però soggetti alle più diverse interpretazioni, il che vale non solo per le scienze umane, ma anche per la hard science di fisica, chimica, biologia. Personalmente ne ho avuto ultimamente l’ennesima conferma, quando dapprima mi sono confrontato in un dibattito pubblico con Paolo Flores d’Arcais nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Genova a conclusione del Festival di MicroMega, e dopo ho letto Il cosmo come rivelazione a cura di Claudia Fanti e José Maria Vigil e con prefazione dell’astrofisico Piero Benvenuti, attuale commissario dell’Agenzia spaziale italiana (dopo il licenziamento di Roberto Battiston da parte dell’attuale governo). Per Flores d’Arcais la scienza ormai ci pone di fronte a un completo svelamento del senso dell’essere il quale consisterebbe nell’assenza di ogni pur minimo progetto di senso, nel vuoto caso, nella totale assenza di finalità della natura, così che il senso, il progetto e la finalità di cui si nutre la mente umana si formano quasi a dispetto e in contrapposizione alla natura. Per il direttore di MicroMega e lo scientismo da lui rappresentato, tra natura e cultura esiste un abisso invalicabile, che fa sì che la nostra ricerca di senso operi in direzione contraria rispetto al non-senso della natura. Tale visione del mondo è condivisa oggi da molti, certamente dalla maggioranza degli scienziati e forse anche dei filosofi. Ne viene un pensiero dominante che si potrebbe descrivere come una strana miscela tra il realismo di Hegel che celebra i vincitori, la selezione naturale di Darwin che premia i più adatti, e la volontà di potenza di Nietzsche che procede al di là del bene e del male. Per questa prospettiva la natura non ha nulla a che fare con la cultura, meno che mai con l’etica.

Per gli autori del libro citato sopra invece, tra cui il celebre teologo Leonardo Boff, la natura rappresenta la fonte privilegiata della spiritualità e dell’etica, al punto da configurare, come recita il sottotitolo, Una nuova storia sacra per l’umanità. Dicendo ciò si sostiene che quanto la prospettiva tradizionale del cristianesimo affida alla storia, cioè la rivelazione di Dio e la salvezza dell’umanità, da Boff, dagli altri autori e da altri teologi prima e accanto a loro (come Teilhard de Chardin, Matthew Fox, Carlo Molari) viene ora affidato alla natura: è la natura a consegnare la rivelazione, è la natura a rappresentare la salvezza. Quei medesimi dati scientifici forniti dal modello cosmologico che portano Flores d’Arcais e molti scienziati a porre il nichilismo ontologico, portano Benvenuti, altri scienziati e alcuni teologi a parlare di “avvenuta riconciliazione tra scienza e fede”, a sostenere come “sempre più plausibile che la vita e la coscienza siano emerse e siano presenti un po’ ovunque nel cosmo”, a intravedere una nuova filosofia della Natura (scritta proprio così, al maiuscolo) come “ontologia delle relazioni” nella convinzione che “la relazione tra enti è più significante degli enti stessi”. Spiega l’astrofisico: “In fisica non ci si chiede che cosa sia un elettrone, ma quali siano le sue relazioni con altre entità fisiche”. Ne viene la visione di un Universo come vivente, dinamico, creativo, che sempre lavora e che sempre sta crescendo secondo un cammino di progressiva organizzazione e di crescita della complessità.

Chi ha ragione? Il direttore di MicroMega che trae dalla scienza la lezione della mancanza di senso, oppure il responsabile dell’Agenzia spaziale italiana che dalla scienza trae una visione della natura (anzi, Natura) come creazione continua?

Per quanto mi riguarda, è ovvio che io stia dalla parte rappresentata da Benvenuti, come da anni ho espresso nei miei libri, soprattutto a partire da L’anima e il suo destino pubblicato nella collana “Scienza e idee” di Raffaello Cortina nel 2007. Più in particolare io abbraccio una visione dell’evoluzione naturale che respinge il caso dei nichilisti, senza per questo condividere il Disegno Intelligente (o Intelligent Design come si dice comunemente per le radici americane della teoria) dei creazionisti. Sostengo invece una tendenza intrinseca della natura verso la complessità e l’organizzazione, o meglio verso l’auto-organizzazione, facendo di tale autonomia della natura l’unica spiegazione che mi consente di prendere sul serio il negativo di cui la natura è pure ampiamente pervasa, secondo una visione complessiva che io denomino “logos + caos = pathos”.

Ma il punto che qui intendo sottolineare è un altro: è il fatto che questa visione più ottimista della natura (anche se drammaticamente ottimista), così come la visione più cupa del nichilismo scientista delineata sopra, non dipendono dal sapere, perché i medesimi dati, saputi da diverse persone, producono diverse se non opposte visioni. Tali diverse visioni dipendono piuttosto dal sentimento: o da un sentimento positivo che genera calore sotto forma di fiducia e fede nella vita, oppure da un sentimento negativo che verso la vita genera freddo e sfiducia.

Posso così riprendere la domanda sulla mia fede, per rispondere alla quale ricorro a questo brano di Pierre Teilhard de Chardin che sento interamente mio: “Se, a seguito di un qualche capovolgimento interiore, io dovessi perdere la mia fede in Cristo, la mia fede in un Dio personale, la mia fede nello Spirito, a me sembra che io continuerei invincibilmente a credere nel Mondo. Il Mondo (il valore, l’infallibilità e la bontà del Mondo), ecco in ultima analisi la prima, l’ultima e la sola cosa in cui io credo. E’ di questa fede che io vivo. Ed è a questa fede che io, lo sento, nell’ora della morte, oltrepassando tutti i dubbi, mi abbandonerò”.»

Estratto da: VITO MANCUSO, Il mio Natale “naturale”. Cosa fa nascere e rinascere continuamente il mondo, facendo sì che in realtà ognuno dei 365 giorni dell’anno sia un dies natalis? Una contro-tesi sulla Natività, “Il Foglio”, 27/12/2018, p. 5.

 

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