Giuseppe Deiana, La morte buona. E’ possibile l’eutanasia cristiana?

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in uscita, novembre 2021

Giuseppe Deiana

LA MORTE BUONA

È POSSIBILE L’EUTANASIA CRISTIANA?
Le posizioni di punta dei cattolici e dei protestanti

Prefazione di Vittorio Bellavite, Noi Siamo Chiesa – Italia

Gabrielli editori, 2021, ISBN 9788860994776

“Il libro di Deiana è un libro coraggioso perché non si tira indietro nel confrontarsi con franchezza con la linea dei vescovi e del Vaticano sul problema del fine vita e perché contrasta, con delicatezza, la timidezza psicologica (non altro) di ognuno di noi di fronte a qualcosa che abbiamo vissuto e viviamo come una specie di tabù, quello dell’eutanasia.” (Bellavite)

Anticipazione – La Premessa di Giuseppe Deiana al suo libro La morte buona 

LA RICERCA DI UN PERCORSO CONDIVISO SULLA SOFFERENZA INUTILE

di Giuseppe Deiana

«Per ogni malato il commiato dalla vita è sempre una questione difficile da affrontare, soprattutto se si è condizionati dal dolore e dalla sofferenza. Nella parte ricca del mondo le conquiste scientifiche e tecnologiche di natura biologica e medica hanno determinato l’allungamento di molto della durata media della vita, in cui la cura sembra rivolta più a procrastinare la morte, o a espungere la malattia e la sofferenza (Illich 2004), che a rendere migliore e dignitosa l’esistenza umana. Si pensi, ad esempio, all’accanimento terapeutico nello stato vegetativo persistente e condizioni affini, che pongono interrogativi profondi sulla dignità della morte e sulla decisione di determinarla autonomamente senza seguire l’andamento naturale secondo la concezione del “vitalismo ippocratico” (Mori 2008). Al fondo, comunque, c’è come questione vitale, il dilemma della morte che contrappone il laico al credente: transizione verso il nulla nel grembo della natura, o passaggio verso l’eternità nelle mani di Dio? La soluzione del dilemma va cercata nel quadro del progresso della scienza e della tecnica che hanno cambiato radicalmente il senso del morire. Perché hanno prolungato artificialmente la vita attraverso le macchine mediche e reso più problematico il passaggio finale dell’esistenza della persona. Ciò anche dal punto di vista etico e giuridico, oltre che biopolitico, che regola la cura medica ridotta spesso a prigione per il malato che si trova ad affrontare la difficile condizione della morte. Questa è rimasta come uno dei grandi tabù anche nella società contemporanea, la cui cultura dominante non favorisce una riflessione e una discussione distesa sul tema come condizione per rispondere alle domande e alle preoccupazioni delle persone relativamente al commiato dalla vita salvaguardando la dignità che si addice a ogni essere umano.
Questo libro parla di uno dei temi cruciali del fine vita, quello dell’eutanasia volontaria, delle vecchie paure e delle nuove preoccupazioni relative a una realtà che non conosciamo a sufficienza, data la sua radicalità, in un mondo che punta a rimuovere la morte invece che viverla con dignità e umanità. L’approccio proposto non è tanto quello medico e giuridico, quanto soprattutto quello etico e religioso, o in generale quello dei quattro aspetti messi insieme. Un modo per fare i conti con la complessità della vita degli esseri umani leggendola nella dimensione duplice, tra terra e cielo, come ricerca del valore di una laicità condivisa da credenti e non credenti (Deiana 2021). Più specificamente della laicità dei credenti alla ricerca della risposta alla sfida della giustificazione morale dell’eutanasia volontaria, vista nella prospettiva cristiana, come eutanasia moralmente responsabile, in un’ottica critica rispetto al giudizio ufficiale delle Chiese, in particolare della Chiesa cattolica, la cui gerarchia giudica gli elementi teologico-culturali di tale giustificazione come un elenco di equivoci e di errori legati alla scelta autonoma di essere accompagnati a morire con dignità.

Laicismo apodittico e fondamentalismo cristiano

In estrema sintesi, la prospettiva che viene proposta e che scandisce la nostra analisi, investe i due piani tradizionali dell’argomentazione, quello della pars destruens e quello della pars construens. La prima riguarda il superamento di due paradigmi contrapposti che si intende sottoporre a critica: sia la convinzione apodittica del laicista per cui la vita è solo mia, quindi il come e il quando morire lo decido io; sia la certezza assoluta del cristiano fondamentalista e intransigente che attribuisce a Dio il dono della vita, per cui solo lui la può togliere. Ora, tra i due estremi di questo genere si pone la possibilità di una terza via che afferma essere la vita un dono di Dio, ma io ne sono responsabile, soprattutto di fronte alla sofferenza disumana che è innaturale e non dipende dal progetto della creazione divina. Come ha scritto Raniero La Valle, “non c’è alcuna sofferenza che possa essere ricondotta a un compiacimento di Dio; e poiché Dio è bene, nessuna sofferenza può essere inflitta a fin di bene” (La Valle 2020) all’homo patiens. Questo, se afflitto da dolori insopportabili senza speranza di miglioramento, dovrebbe poter chiedere di essere aiutato dai medici a congedarsi dalla vita come suo diritto moralmente fondato e opportunamente regolamentato da leggi specifiche rispettose della libertà umana e del senso di responsabilità che qualificano il valore di una esistenza vissuta con dignità entro i confini posti dall’etica e dalla legge. È la prospettiva che supera l’idea che non ci sia solo il decesso stabilito dalla natura e che pone, più in generale, la trasformazione del rapporto, filosofico e scientifico, tra il naturale e l’artificiale, come caratteristica strutturale della civiltà tecnologica che chiama in causa la nostra responsabilità verso le generazioni future (Jonas 1990).

Le posizioni di punta: Hans Küng, Chiese Battiste, Metodiste e Valdesi in Italia, Noi Siamo Chiesa

L’argomentazione qui proposta verte su alcuni punti di riferimento del mondo cristiano, più precisamente su tre posizioni di punta: prima di tutto, la lunga e complessa elaborazione del teologo cattolico Hans Küng, che all’argomento della possibilità dell’eutanasia cristiana ha dedicato, in un quarto di secolo, due importanti libri di rottura sul tema; in secondo luogo, la sintesi teorico-pratica condensata in alcuni documenti ufficiali: quelli della Commissione bioetica delle Chiese Battiste, Metodiste e Valdesi in Italia del 1998 e del 2017; inoltre, i documenti della sezione italiana del movimento internazionale di base Noi Siamo Chiesa (NSC), del 2019 e 2021, motivati e orientati a perseguire la riforma della Chiesa cattolica. Quindi, mondo cattolico e mondo protestante a confronto, uniti dal riconoscimento del valore di un principio comune, l’etica della responsabilità, che fa da filo rosso e legame che promuove la cultura ecumenica, riferita innanzitutto al rapporto tra cattolicesimo e protestantesimo, ma non solo. Ecumenismo e responsabilità, quindi, che costituiscono i due pilastri dell’azione e del pensiero di Dietrich Bonhoeffer, il teologo e pastore luterano ucciso dai nazisti, nell’aprile del’45, in quanto oppositore del regime totalitario hitleriano. Poco prima di essere impiccato ha lasciato scritte queste parole, che fanno al nostro caso: “È la fine, per me l’inizio della vita”. Questo è il quadro di riferimento anche in relazione al tema dell’eutanasia e alla possibilità, solamente in condizioni particolari (come nel caso del diritto all’interruzione volontaria della gravidanza), che possa essere coniugato anche in termini cristiani, liberati dalle sovrastrutture ideologiche che ne hanno condizionato negativamente il significato, sconnesso dall’arte del vivere che è anche “arte del morire”, fondato sul valore dell’autodeterminazione (debole e relativo, non assoluto e radicale). La possibilità, dunque, entro certi limiti, della disponibilità della vita e dell’eutanasia cristiana, come morte buona nel senso espresso poeticamente e religiosamente da Francesco d’Assisi: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale”. La morte, dunque, come sorella, come compagna di viaggio nell’esistenza della persona verso “l’ultima beatitudine” (Maggi 2017 e 2015), passando per “il tempo ultimo” (Caramore 2020) che esige massima cura.»

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