AGORA’ – Fonte Avellana
Documento preparatorio all’Agorà 17 – 19 ottobre 2014
Tema: Per un nuovo ethos condiviso. Il lavoro:lavorare per-ché, per-chi, come (seconda sessione)
di Emilio Gabrielli
Mi permetto di offrire partendo da alcune riflessioni dell’agorà della scorsa primavera alcune riflessioni.
1) Viviamo in un crinale difficile e pericoloso della storia dell’umanità
Nell’agorà dell’aprile scorso si è affermato che occorre costruire una spiritualità condivisa come unica speranza di salvezza per l’umanità e la terra tutta…
Per poter sperare che si vada ad imboccare questo itinerario il primo lavoro da fare è quello di mettere “sottosopra” quanto si è sedimentato lungo secoli e generazioni nell’animo di quanti hanno contribuito a generare e a sostenere la cosiddetta civiltà dei consumi. Civiltà dei consumi che per limitati gruppi sociali e nazioni ha qualche secolo di vita e che, per i più, si è affermata nel secondo dopoguerra e che si sta ora estendendo a livello planetario.
Con essa vigente e imperante è impossibile costruire alcuna spiritualità. Proprio perché questa civiltà si è costruita sulla competizione tra individui e tra popoli misconoscendo che tutto ciò che esiste può continuare ad esistere se si riconosce che è costitutivo per qualsiasi esistere il principio della cooperazione. E nel mondo occidentale, (senza sovrapporre civiltà occidentale e civiltà dei consumi) abbiamo raschiato il barile delle culture e delle energie cooperativistiche.
Una controprova ce la fornisce un’antropologa di Stanford, Tanya Luhrmann, che ha pubblicato sul British Journal of Psychiatry le sue ricerche sulla schizofrenia condotte in paesi diversi concentrandosi sulle voci della schizofrenia, rilevando che “mentre (malati) africani e indiani hanno raccontato soprattutto esperienze tranquillizzanti e positive, per gli americani e gli occidentali le voci erano sempre un bombardamento molesto, a volte una vera tortura, e non si poteva attribuirle a nessuno; erano misteriose e cattive”.
Per i consumi abbiamo consumato l’animo umano. Anche l’inconscio ne è rimasto come intorbidito. Non abbiamo più la possibilità di rientrare dentro noi stessi e ritrovarci. E’una grande malattia che ci ha contagiati tutti. E il lavoro è il luogo dove tutti i conflitti e le contraddizioni dell’attuale situazione sociale si evidenziano e si alimentano. Il modo con cui andiamo a lavorare, i lavori che si fanno, il rapporto tra salario e lavoro, l’organizzazione dello stesso alimentano la malattia e fanno straripare i conflitti verso soluzioni sempre più violente e sanguinarie.
2) L’agorà di Aprile come pietra fondamentale per un processo di Conversione verso nuovi sogni condivisi
Bene dunque ha fatto l’agorà di Aprile a Fonte Avellana a rifiutare che il lavoro venga appeso come bisaccia, in maniera acritica, sulle spalle dell’individuo e di interi corpi sociali da un’organizzazione e da una cultura esterna quasi imposta…perché queste sono operazioni essenzialmente antidemocratiche, liberticide, antiumane. Il guaio è che queste operazioni prosperano in società formalmente democratiche.
L’intervento di Chiara Michelini in cui ci invita a cambiare radicalmente strada, a mettere in moto conversioni profonde sia personali che comunitarie diventa il fondamento della nostra ricerca. Nella speranza di poter offrire quanto prima il testo scritto, mi preme mettere in evidenza la forza con cui Chiara mette in guardia i giovani dall’andare a cercare lavoro e li sospinge a creare lavoro… e che questa capacità creativa s’innesta nella dimensione del proprio “sogno” personale, comunitario, sociale.
Ecco, a me piacerebbe che questa II agorà di Ottobre fosse dedicata a mettere a fuoco e in circolo i nostri sogni socio-comunitari (che sono poi la esplicitazione del perché dovremmo lavorare), a trovare forme di condivisione dei sogni stessi ( e quindi precisare il termine finale del nostro impegno e, cioè, il per-chi noi lavoriamo) e nello stesso tempo indicare vie concrete, modalità specifiche di attuazione per la realizzazione del sogno (Come lavorare).
3) Verso la leggerezza e la soavità del lavoro
Gli uomini e le donne di tutti i tempi e di ogni luogo hanno sognato di poter scaricare dalle proprie spalle la pesantezza del lavoro e la “condanna al lavoro” per poter assaporare un minimo di vita. Per molti secoli e in modo universale…alcuni se ne sono liberati scaricando tale pesantezza dalle proprie spalle su quelle altrui raddoppiandone il peso.
Si è sognata una liberazione universale da questa condanna attraverso lo sviluppo della scienza e della tecnica…trasferendo questa pesantezza, questa precarietà del lavoro sul mezzo tecnico. Non ci siamo resi conto, in tempo, che questa pesantezza la scaricavamo dai muscoli dell’uomo e delle donne nella psiche degli stessi e negli equilibri fisici dell’intero pianeta, per non dire, dello stesso universo. Di fronte a questa acritica e finale “discarica” trema il pianeta terra e questo tremore si riversa nelle viscere di tutte le creature.
Eppure c’è la via per liberarci dalla pesantezza del vivere e del lavorare…tutto il cammino biblico è uno sforzo culturale, sapienziale, giuridico per arrivare alla leggerezza dell’esistere che culmina nei versetti 28-30 di Matteo 11: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi ed io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me , che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
E, chiaramente, Gesù quando partecipa questo messaggio ha incisivamente nel cuore tutto il capitolo III della Genesi e soprattutto la sofferenza e il dolore dei rapporti tra persone e tra queste e l’universo intero che quelle pagine evocano; e tale sua dichiarazione manifesta il pieno e personale impegno per un radicale superamento di quella storica condanna.
Ora quest’invito di Gesù ad assumere il suo giogo si pone tra il discorso della montagna e delle Beatitudini e le ampie pagine in cui cerca di svelare il mistero del Regno di Dio e della sua giustizia.
E’ possibile, dunque che, in quel contesto, questo “giogo della vita” possa diventare leggero…e realizzare il sogno umano di una grande liberazione?, possiamo finalmente pensare che il Vangelo possa diventare realtà per molti prima e per tutti poi? Si può pensare di costruire un progetto della Polis a partire dal discorso della montagna?…è quello un discorso laico rivolto a tutti e all’insieme della convivenza umana oppure riservato a pochi privilegiati? cosa Significa che il Regno è in mezzo a Voi?…non significa forse che in qualche parte o in qualche occasione un povero è al primo posto? Non è possibile organizzarsi perché sistematicamente siano tutti al primo posto e ciascuno di noi con loro?
4) Verso un’economia e una società della cura?
Ci troviamo a vivere oggi dentro un’economia che si nutre di profitto finanziario, di accumulo di desideri tutti orientati alle cose. La vita, anche la propria , è sacrificata sia alla produzione di esse, attraverso il lavoro, che al loro consumo…con il ricatto di consumare per distribuire un po’ di pane; l’uomo è sempre più alla periferia; quasi adombrato da tutto il resto. E’ la fine dell’umanesimo che il rinascimento aveva messo al centro del proprio orizzonte. Non è forse la superbia di alcuni che ha fatto fallire quel progetto? Non si è forse andati alla ricerca dell’uomo più capace, più…più…a scapito dell’insiemità? Non abbiamo la controprova, ma se per la realizzazione di quel sogno si fosse scelta la via dell’insiemità oggi non saremmo qui a celebrare una vittoria condivisa invece che una sconfitta?
E possibile riprendere quel sogno in compagnia del Vangelo di Gesù di Nazareth? Come?. E’ possibile ipotizzare un’economia, un sistema di lavoro dove il giudizio critico venga dato dalla qualità della “cura della Vita”? L’amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi non può essere inverato a livello personale, comunitario, sociale nell’aver cura gli uni degli altri? Non è possibile ipotizzare, ripensando tutto, dalla famiglia al sistema educativo, dal mondo dell’affettività al rapporto con la natura, dal lavoro al riposo, ipotizzare un mondo dove nulla viene scartato di ciò che è vitale?; un mondo dove la valutazione del ben agire sia in rapporto a questo sforzo di rendere “bella” la relazione tra gli uomini e le donne, tra le generazioni, tra i vari mondi umani, animali, vegetali, e la natura tutta?
E’ possibile, già solo per poterci incamminare in questa nuova prospettiva, iniziare a pensare a tante microimprese ed iniziative tendenti a una “demonetarizzazione” dell’attuale economia che tende a stritolare ogni sogno di questo tipo?
Se demonetarizziamo iniziamo, piano piano, a rendere più problematica la concentrazione oscura del potere e quindi a creare gli spazi perche tutti si ridiventi preziosi gli uni agli occhi dell’altri.
5) Verso una convivenza immersa nella bellezza
E’ impossibile, infine, che un nuovo umanesimo non porti ad un nuovo rinascimento; è impossibile che un’economia della cura non porti ad un’economia che produca il Bello. Infatti se è bello e gioioso stare bene con e tra i figli degli uomini diventa anacronistico non avere il vestito per celebrare questa festa, ma anche il luogo per esaltarla.
La bellezza dei gigli del campo e la simpatia per gli uccelli del cielo che la cura del Padre nutre e riveste è lo stimolo per tutti noi ad acquistare una profonda e necessaria sicurezza; la sicurezza che se ci incamminiamo verso la ricerca del Regno di Dio e della sua giustizia attraverso la cura gli uni degli altri sapremo partecipare della bellezza dei fiori del campo e della gioia degli uccelli del Cielo. (E’, dunque, nella profonda cura gli uni degli altri che si risolve il problema del rapporto con la natura).
Non è forse vero che anche il passo di Matteo 6,25-34 possa rappresentare una grande autostrada per superare l’alienazione che ci paralizza e diventare un inesauribile fonte di luce per illuminare il sentiero di un progetto di società diversa che non può non farsi progetto politico?
PROGRAMA DEI LAVORI
Venerdì 17 Ottobre ore 18 un incontro sul tema: pace e lavoro (anche per vivere in sintonia con la marcia della Pace Perugia Assisi che si celebrerà nella giornata della Domenica), quindi vespro con i monaci, cena. Nel dopocena memoria dell’agorà di primavera, sullo stesso tema, da parte della professoressa Chiara Michelini;
Sabato 18: la giornata inizia alle ore 9,00 con la prolusione di Emilio Gabrielli a partire dal documento allegato e quindi tutto il tempo rimanente trascorrerà tra comunicazioni, lavori di gruppo e sintesi.
Domenica 19: programmazione per il futuro, celebrazione eucaristica, pranzo con i monaci, ritorno. Per chi vuole c’è la possibilità di recarsi in gruppo alla marcia della pace.
ISCRIZIONE ALL’AGORA’: per la partecipazione, anche parziale, è richiesta l’iscrizione di euro 15: il pagamento sarà effettuato all’arrivo al Monastero.
L’OSPITALITA’ in Monastero parte dalla cena di Venerdì al pranzo della Domenica (con due notti euro 120 a persona; 70 per giovani fino a 30 anni e disoccupati); oppure per chi venisse il sabato mattina con una notte (euro 85 a persona; per studenti, giovani fino a 30 anni e disoccupati, euro 60). Per la richiesta dell’ospitalità scrivere una mail a foresteria@fonteavellana.it indicando nell’oggetto “AGORA’ OTTOBRE 2014”, oppure telefonare al n. 0721 730261 e schiacciare il numero dell’ospitalità…risponderà l’incaricato o in caso di segreteria innestata lasciare i propri riferimenti per essere richiamati.
Altre info: Gabrielli editori 045 7725543 – 333 5266784 – scrivimi@gabriellieditori.it – emilio.gabrielli@alice.it
COME RAGGIUNGERE Fonte Avellana www.fonteavellana.it
IN AUTO – DA BOLOGNA: A14 direzione Ancona, uscita Fano, percorrere la superstrada seguendo sempre le indicazioni per Roma fino a Cagli (uscita Cagli est), proseguire per Frontone, per Serra Sant’Abbondio e quindi per il Monastero di Fonte Avellana. – DA PESCARA: A14 direzione Bologna, uscita Ancona Nord, percorrere la S.S. 76 in direzione Roma fino a Genga (uscita Genga – Sassoferrato), proseguire per Sassoferrato; da qui seguire le indicazioni per Pergola fino a Monterosso proseguendo poi per Serra Sant’Abbondio e quindi per il Monastero. – DA ROMA: A1 direzione Firenze, uscita Orte. Da Orte prendere la E45 fino a Foligno poi la nuova Flaminia fino a Gualdo Tadino. Proseguire sulla vecchia Flaminia fino a Scheggia e da qui seguire le indicazioni per il Monastero di Fonte Avellana. – DA FIRENZE: A1 direzione Roma, uscita Arezzo, per San Sepolcro poi immettersi sulla E45 direzione Roma, uscire ad Umbertide-Gubbio proseguire per Scheggia e da qui seguire le indicazioni per il Monastero di Fonte Avellana.
IN TRENO – Non esiste un collegamento ferroviario diretto che raggiunga il Monastero. Scendendo alla stazione di Pesaro o di Fano si prosegue per Pergola o Serra Sant’Abbondio in autobus; poi in taxi fino al Monastero. Scendendo alla stazione di Fabriano si prosegue per Serra Sant’Abbondio in autobus; poi in taxi fino al Monastero.
IN AEREO – Dall’Air-terminal dell’aeroporto “Raffaelo Sanzio” di Ancona, si prende l’autobus per la stazione ferroviaria di Ancona. In treno si può raggiungere la stazione di Fabriano e raggiungere il Monastero seguendo le indicazioni precedenti.