Descrizione
I processi della globalizzazione stanno velocemente cambiando la nostra vita. Lo constatiamo, prima di tutto, nella trasformazione delle nostre comunità, ormai non più omogenee, ma segnate dalla multiformità di etnie, culture, soggettività diverse, dalla possibilità dell’incontro e dalla minaccia dello scontro. E’ il caso di dire: corpi vicini e corpi lontani, fisicamente vicini e culturalmente lontani. Ma lo percepiamo altresì in quella perdita delle radici e dei confini, che incide non solo sugli immigrati, distaccati dalla loro patria, ma anche su noi, figli dell’occidente, deprivati delle nostre certezze. Ciò che in passato consideravamo universalmente valido, ora appare attraversato dalla precarietà e dal relativismo. Le grandi narrazioni, come le comunità omogenee, sono tramontate. In sostanza, siamo tutti stranieri.
Sappiamo che un consultorio si occupa dei rapporti di coppia e familiari, della condizione della donna, delle esperienze della sessualità, della fecondità e della genitorialità, dell’intercultura, delle problematiche connesse con le scelte della bioetica, quali la contraccezione, la fecondazione assistita, l’aborto. Ora, sotto le spinte del mercato globale e delle possibilità offerte dalla tecnica, sono proprio le abitudini di vita, le regole di comportamento e i modelli interpretativi, concernenti queste dimensioni, a non essere più ancorati a principi stabili e assoluti, bensì ad essere permeati dalla precarietà, dalla revocabilità, se non dalla logica del piacere individuale e dell’immediato.
Si tratta di un panorama che, invece di spaventarci, come se non avessimo più capacità di orientamento, dovrebbe spingerci nella direzione della ricerca coraggiosa. In fondo, oggi non abbiamo alternative al rischio di giocarci in prima persona, all’accettazione di non avere risposte assolute e definitive, all’avventura del dialogo con chi è diverso da noi, per costruire verità relative e umanamente fruibili, senza chiuderci in fondamentalismi. Il “relativismo” non è necessariamente una malattia, come talvolta si paventa, ma è forse il clima e la posta in gioco di quella trasformazione, di quell’apertura, di quel rispetto per l’altro, in cui si esprime oggi la ricerca che l’essere umano fa di se stesso.
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